Da un po’ di tempo il mio blog latitava di aggiornamenti, l’occasione migliore per riprendere con la scrittura non poteva che essere quella delle vacanze Giapponesi, che sto trascorrendo ospite di Asuka in Hyuga, paesino che si trova nel distretto di Chiba, fuori Tokyo. Anche se è la settima volta che ho la fortuna di visitare questo paese e ho avuto modo di girare tanti posti da solo e senza la classica impostazione da “turista”, in questa occasione sto avendo la bellissima possibilità di vivere certe sfumature direttamente dall’interno, capirne ancora meglio le differenze e fare una vita tipicamente Giapponese, a partire dal vivere in una casa che ne rispetta i canoni e costumi (ma ci tornerò in un altro post) per arrivare a fare cose molto difficili da sperimentare altrimenti.
Arrivo
Il volo è stato tra i migliori, grazie ad un bel diretto Roma-Tokyo di Alitalia, strappato tra le altre cose ad un ottimo prezzo (dopo il quasi fallimento/ristrutturazione della compagnia aerea, le cose vanno molto meglio), l’arrivo a Narita e subito la notizia che la sorella di Asuka (Momoe) aveva appena partorito una bimba, Riona. Ci siamo quindi diretti subito in macchina all’ospedale per vederla, insieme ai suoi genitori, in un paese ad ovest di Tokyo.
Traffico a gogo
Nonostante il paese goda di un sistema ferroviario incredibilmente efficiente e ben strutturato, la struttura urbana riesce a contenere a malapena il flusso automobilistico, fino a rendere il cosiddetto traffic jam un problema abbastanza fastidioso. Per fare poco meno di 100 km ci abbiamo messo infatti oltre tre ore, tra il traffico stesso, stradine piuttosto strette e autostrade (a pagamento) con limiti di velocità molto bassi. Comprensibile quindi il fatto che la maggior parte delle macchine appartenga a classi utilitarie piuttosto che monovolume: grande spazio al comfort interno (anche le macchine più piccole non sono scevre di accessori quali stereo con touchscreen, tv, Gps e altro, tutte guidate dalla voce), inutile avere grossi motori, che andrebbero sfruttati praticamente al minimo.
Durante il tragitto verso l’ospedale, non ho mancato di fare un regalo a Tessei, figlio dell’ultima sorella di Asuka, Izumi, composto da cappellino e bavaglino da scugnizzo, per metterlo sulla retta via quando ancora in età preoce :D
Il Sushi in movimento
Prima di ritornare a casa ci siamo fermati ad un tipico ristorante chiamato Kaiten Sushi (Rolling Sushi in inglese), molto interessante per come è strutturato. Pensate infatti alla consegna dei bagagli in un aeroporto, dove ci sono delle corsie in movimento che si estendono magari su più file. Bene, in questo tipo di ristorante ci sono lo stesso varie corsie raggruppate, con i tavoli ad entrambi i lati, sulle quali scorrono decine (se non centinaia) di piattini con preparati di sushi e zuppe differenti, e quando ne passa qualcuno che interessa, può essere preso e mangiato. Ogni piattino ha un costo piuttosto basso, pari a 100 yen (circa 75 centesimi di euro), e una volta consumato va messo in una sorta di scatola automatica/spazzatura che appunto conta ogni piattino inserito, per calcolare il prezzo finale. Su ogni tavolo è presente anche uno schermo touchscreen nel caso si voglia ordinare qualcosa di specifico, che poi comunque viene messo sulla corsia in un piatto speciale, con un codice a barre sotto che serve al sistema per avvisare tramite schermo quando questi è in prossimità del proprio tavolo. Il codice serve anche a verificare da quanto tempo il piatto si trova in corsia, passata un’ora infatti viene scartato. Molto efficiente e interessante, nonchè buono ed economico, dato che in quattro si è mangiato un bel po’ e pagato poco più di 3000 yen, ovvero attorno ai 25 euro.
Karaoke Mon Amour
Un’altra cosa che volevo raccontare, sperimentata il giorno dopo, è stata il Karaoke, vero e proprio marchio di fabbrica per i Giapponesi e simbolo della loro cultura, oltre ad essere una cosa che viene fatta spesso e volentieri durante l’arco del tempo. Esistono infatti decine e decine di locali o grossi edifici adibiti a questa forma di intrattenimento, che da un lato rappresenta la forma un po’ chiusa della cultura nipponica, dall’altro, dopo averla provata, mi ha fatto richiedere sull’effettivo divertimento che provoca. Ci siamo infatti diretti in tre (con Kaory, terza e ultima sorella di Asuka) in uno di questi posti, che offrivano la possibilità di scegliere, a partire dalle 18, se pagare un’ora oppure fino alla chiusura del locale, fissata per le cinque del mattino. Inutile dire che alla mia domanda che magari per la prima volta potevamo fare un’ora, mi è stato risposto “Tu si’ pazz!” (traduzione libera :D), perché solitamente loro ci stanno ore e ore, spesso anche fino al mattino. Premettendo che esistono anche sale abbastanza grandi e condivise da più persone e gruppi, abbiamo scelto quella classica singola, una stanza dotata di una televisione, aria condizionata, stampante (per fare foto e stamparsele) e un macchinario di grandi dimensioni che funge da juke box. Non manca un telefono per ordinare, due microfoni senza fili, delle casse Bose piuttosto potenti (la sala è insonorizzata), un grande libro con la lista di tutte canzoni (a richiesta tradotto anche in inglese) e un telecomando touchscreen con il quale si possono ricercare e scegliere, per mandarle in coda di esecuzione.
Alla cifra di 3500 yen a testa (circa 28 euro) abbiamo scelto anche drink (alcolici e non) gratuiti ad oltranza, tranne Asuka (drink analcolici), guidatrice designata (tolleranza zero in Giappone), e giocoforza è stato facile passare ore di divertimento, dove ho potuto sfogare anche la mia vena canterina con le molte canzoni inglesi presenti, più qualche omaggio Giapponese di canzoni che ho conosciuto in questi anni.
Intrattenimento promosso quindi, nella sua impostazione Giapponese sarebbe inapplicabile da noi, ma forse con qualche cambiamento potrebbe rivelarsi sorprendentemente divertente.
Per questa prima tornata è tutto, ecco qualche foto, le altre le trovate nell’apposita galleria fotografica: