Tra le tante cose che adoro relative al mio lavoro c’è anche la mia napoletanità, nel senso che spesso e volentieri ricevo attestati di stima sotto forma di mail e messaggi da miei compaesani per il tipo di lavoro che faccio e per essere arrivato ad avere un ruolo di responsabilità all’interno di una delle realtà Italiane più importanti in fatto di videogiochi, dove grazie anche alla parte video il contatto con il pubblico è diventato davvero una parte integrante del lavoro.
Questo perché mi vedono come un esempio positivo da portare avanti, d’altronde essere napoletano da un lato è qualcosa che esprime passione, vivacità e altruismo, dall’altro (a ragione e torto) è diventata un’accezione negativa, per tutto quello che accade nella città e per alcune tipologie di persone deprecabili, cosa che ha creato di riflesso una sorta di spirito di gruppo tra le persone, per difendere quanto buono c’è a fronte del resto.
Qualche settimana fa mi ha aggiunto su Facebook Francesco, un ragazzo giovanissimo di 14 anni che ha aperto un gruppo sul famoso social network denominato RN – Risolleviamo Napoli che ha come scopo proprio quello di cui parlavo sopra, sensibilizzare chi tiene davvero al posto dove si è nati e magari creare un qualcosa di importante a lungo andare. Anche se il suo progetto per tanti motivi è un qualcosa in fase embrionale, sinceramente sono rimasto molto colpito dalla sua passione, voglia di cambiare e attaccamento genuino alle proprie radici, mi è sembrato faccia parte di quella gioventù che potrebbe fare solo del bene alla propria città.
E mi ha ricordato un altro personaggio un po’ più affermato a Napoli che giornalmente fa di tutto per denunciare le ingiustizie e per sensibilizzare anche con qualche risultato gente e istituzioni, si chiama Angelo Forgione e sul suo canale YouTube pubblica spesso e volentieri video di denuncia ma anche di passione e di quanto ottenuto, il tutto sempre con giusta ironia.
Volevo approfondire anche dicendo la mia ovviamente, partendo dal libro Gomorra di Roberto Saviano, che oramai a distanza di anni credo in molti abbiano letto, anche ben distanti da Napoli e dintorni.
Il rischio di chi non ha mai visitato Napoli e la Campania è quello di avere una visione univoca di queste splendide terre, martoriate da eccessi in ambo i lati secondo una scala ipotetica di Bene e Male, che sembrano convivere qui senza misure intermedie.
Il libro è sicuramente molto romanzato e calca la mano su determinati aspetti, ma non mi ha dato fastidio nel leggerlo, anche perché traspare tra le righe una denuncia, amarezza e al contempo amore verso la propria città, senza pararsi dietro la pantomima che tutto va bene e non ci sono forti problematiche di fondo.
Anche il mio rapporto con la città è molto articolato e paradossalmente più razionale da quando mi sono trasferito a Terni per lavoro. Ho sempre ritenuto Napoli una città straordinaria dal punto di vista estetico, con degli scorci veramente mozzafiato, e che ho fatto fatica a trovare altrove, pur avendo viaggiato un bel po’ ed essere sempre stato ricettivo alle bellezze di altre città o paesi.
Ne sono convinto perché dopo 30 anni oramai dovrei esserci abituato, e invece ogni volta che passo per determinati posti mi viene una fitta al cuore, come quando al Gamecon, fiera alla quale ho partecipato qualche tempo fa e dove mi sentivo quasi un ospite, la sera rimanevo a guardare attraverso il balcone della camera di albergo la splendida visuale, prima di addormentarmi…
Detto questo, e anche sull’altare del mio amore viscerale per questa città, non mi nascondo certo dietro ad un dito e sono conscio del fatto che ci son tante cose, in una parte delle persone che vive qui, che andrebbero letteralmente spazzate via, che rendono talvolta Napoli un vero schifo, che offuscano tutto quanto altro c’è di buono, e vi assicuro che è davvero tanto, da trovarsi innanzitutto in persone socievoli, divertenti, altruiste, che trasmettono un qualcosa di magico che poi si intuisce quando vedi la passione che ci mettono anche per cose “frivole” come lo sport o la musica, e che tra le altre rendono Napoli famosa in tutto il mondo.
E il dialetto, che io reputo fantastico e alla stregua di una seconda lingua, che in ambito comico non ha uguali se si riesce a comprendere, l’essere svegli, quell’arte di arrangiarsi e duttilità mentale, che se usate con parsimonia e senza prevaricare i confini della legalità, rappresentano qualcosa per la quale bisogna esserne soltanto fieri.
Badate bene, anche io ho vissuto, in parte, un’infanzia tipicamente tribolata e in un quartiere popolare salito anche alla ribalta negativa (Pianura), a cominciare da una scuola elementare frequentata anche da ragazzi sbandati che si picchiavano e picchiavano con catene e altro nel dopo scuola, per passare a diversi furti di motorino, uno dei quali con un bel cazzotto in faccia. Ho sperimentato, non direttamente, il cosiddetto “cavallo di ritorno”, ovvero la pratica da parte dei mariuol (ladri) di rubare solitamente un mezzo di locomozione, e mandare una sorta di emissario con una richiesta di soldi per riaverli indietro, manco fossero di lora proprietà.
Vi ho convissuto, ho imparato a capire come vivere determinate cose, come magari evitarle, e come concentrarmi su quelle positive che ci sono solo qui.
Ci sarebbe da fare anche un discorso del tutto politico, di istituzioni incapaci di affrontare la situazione e che anzi hanno contribuito in maniera decisiva a peggiorarla, cosa che mi fa una rabbia incredibile, ma purtroppo, nel mio estremo piccolo, posso fare ben poco, se non sperare che nell’estrema casualità di cariche politiche e persone incompetenti che si alternano ai vari posti di comando, ne spunti qualcuna in grado realmente di mettere le basi per una ripresa costante e continua.
Senza dimenticare poi la secolare “Questione Meridionale”, sulla quale tornerò in qualche mio futuro intervento.
In questa occasione mi preme continuare a parlare del mio punto di vista, e in tal senso ho vissuto una delle esperienze più particolari della mia vita quando per un periodo, soprattutto nel 2005, ho tenuto diversi corsi di informatica per la regione, indirizzati a disoccupati cronici ed ex carcerati. E’ stato intenso e toccante condividere un’esperienza del genere, apprendere dai loro racconti un certo stato di disagio, quanto di brutto avevano fatto, tra spacciatori e rapinatori soprattutto, ma anche la voglia, almeno per la maggior parte di loro, di riscatto, di essere consci dell’attuale situazione e di essere costretti ad agire per vie non ortodosse per tirare a campare, mantenere la propria famiglia, ma di essere al contempo ricettivi non appena avrebbero avuto la possibilità di avere un lavoro “legale”, anche se magari meno renumerato in assoluto.
Ovvio che c’erano anche casi estremi di gente che addirittura al corso portava soldi “sporchi”, che sarebbero serviti per alcuni scambii, ma onestamente non mi sono mai sentito in pericolo e si è anche riusciti, un minimo, ad apprendere le basi di informatica oltre alla varie condivisioni di esperienze, che hanno portato anche ad un paio di cene extra lavoro.
Cosa vorrei per la mia città? Che le cose belle disintegrassero quelle brutte o che almeno prendessero chiaramente il sopravvento, reale e mediatico (quanta merda dovrei sparare su questa categoria…nonostante ne faccia parte), invertendo un trend che purtroppo in questo periodo sembra essere opposto.
Alla luce di tutto questo, se permettete, mi arrogo solo io (in senso lato) il diritto di criticare, esaltare o rammaricarsi per la mia città; di fare populismo e luoghi comuni, verso cose che non ho vissuto in prima persona, non mi sono mai permesso.
Chiudo esprimendo un po’ di fastidio per chi è emigrato da Napoli e sputa spesso e volentieri nel piatto dove ha mangiato (e magari depredato) per tanti anni, ognuno è libero di fare quello che vuole, ma ricordate che chi non rinnega le proprie origini ha una nobiltà d’animo mille volte superiore a quella che si può trovare scritta sopra un pezzo di carta.