Perché non ho fatto l’Influencer, cosa penso di questa figura

Pubblicatoil Nov 6, 2023

Quando ho lasciato Multiplayer.it nel 2017, senza un reale piano B, ho valutato diverse strade, compresa quella di puntare tutto sulla creazione personale di contenuti col seguito che mi ero costruito grazie alla testata e personalmente.
Sarei stato un po’ in ritardo rispetto a quando avrei dovuto e potuto farlo – il “mercato” era già abbastanza saturo – ma non del tutto fuori tempo massimo, come hanno testimoniato i due crowdfunding da 21.000€ (lanciati tra l’altro non subito, ma diverso tempo dopo aver “abbandonato la scene”) che hanno sostenuto Gameplay Café per i successivi quattro anni.
Senza contare che, come gruppo di Alternative-Reality e poi Multiplayer.it, sin dal 1998 abbiamo contribuito a definire tante strade in Italia ben prima dell’esplosione YouTube/Twitch: podcast, dirette, videorecensioni, diari di viaggio, fiere e in generale video nei quali il rapporto diretto col pubblico è stato sempre la discriminante fondamentale.

Il blog personale sul quale scrivo da oltre 20 anni, poi, diverse volte ha “influenzato” persone anche semplicemente per i post che ho scritto, con testimonianze dirette di persone che hanno acquistato ad esempio TV costose dopo un mio rapido giudizio su queste pagine.

Tutte queste premesse e autocelebrazioni per raccontarvi che sicuramente una possibilità ci sarebbe stata stata se fossi andato “all-in” in questa direzione, che in realtà non ho mai davvero preso in considerazione per due ragioni e motivi fondamentali: avere a che fare con i numeri e l’esperienza che avevo maturato fino a quel punto.

Partiamo dai primi: adoro le statistiche, mi piace definire le cose, fare business plan e i progetti sono oramai il mio pane quotidiano; ODIO LETTERALMENTE altresì stare dietro ad algoritmi, numeri, trend e cose inanimate. Con l’aggravante che le regole sono dettate da piattaforme aliene che le cambiano regolarmente sulla base di interessi “personali” – introiti, trend, manifestazioni umorali dei propri creatori – e che presuppongono una costante analisi e adattamento anche se questo avviene controvoglia.

Recentemente ho pubblicato sul mio Instagram personale un video-reel (lo visualizzate a questo indirizzo) che poi ha scatenato questo post-spiegone.
7 secondi del mio atterraggio a Napoli da Milano, indubbiamente belli perché ho immortalato da una buona visuale il Vesuvio e lo Stadio Diego Armando Maradona; 7 secondi che hanno generato (ad oggi) 280.000 visualizzazioni, 18.000 like, oltre 460 ore di visione.
UANEMA! verrebbe da dire, considerando che proviene da un account da anni dedicato al puro cazzeggio multi-argomento; sticazzi, aggiungo io, perché è proprio l’esempio di cui sopra che a una persona non navigata potrebbe ingolosire nel trovare un filo conduttore – che non c’è – oppure portare a deprimersi quando altri video pensati, narrati e costruiti su tante ore di lavoro ottengono risultati – in proporzione o meno – nettamente inferiori.

Uno schiavismo da piattaforma (ieri le foto belle da 3000 like, oggi se non fai i reel perdi tanta visibilità) al quale sono estremamente allergico, pur riconoscendo che ci sono diversi esempi virtuosi e Content Creator in grado di “piegare” in parte le piattaforme che li ospitano con una community che le trascende. Per costanza, per meriti, per personalità trash o estremamente mediatica, tutti elementi che non fanno parte però della mia condizione o modo di essere.

La seconda grande motivazione risiede nel fatto che, grazie in prima battuta alla narrazione e alla scrittura legata ai videogiochi, ho fatto decine e decine di viaggi in giro per il mondo, conosciuto migliaia di persone, instaurato amicizie in ogni dove e vissuto momenti da ricordare per i quali sarò eternamente grato. Non mi passa per l’anticamera del cervello di rinchiudermi o agire sempre in maniera individuale per realizzare i miei progetti, legare il mio umore a risultati algoritmici o monotematici, sentirmi costretto a fare sempre le stesse cose, come tipologia, per trovare soddisfazione, risultati e sostentamento.

Questo non significa che non abbia i miei momenti di individualismo e di personal branding; solo che praticamente da sempre li utilizzo a supporto di un lavoro innestato in gruppo, realtà strutturate e idee che possono vedere la luce soltanto se realizzate in contesti egualmente sfaccettati e tangibili. Anche in Multiplayer.it era esattamente la stessa cosa: visibilità e crescita personale, di gruppo e di brand, tutte legate a doppia mandata anche se qualcuno non è stato in grado di capire questa cosa.

Sarebbe un controsenso per me, quindi, sviluppare principalmente questa figura professionale, preferisco portare avanti le mie diverse passioni anche in contesti lavorativi e continuare ad arricchirmi nell’ignoto, utilizzando il “successo” e i soldi come mezzo e non come fine.

Ribadendo, ancora una volta, come queste valutazioni siano la conseguenza di un vissuto che mi ha portato a capire come ciascuna persona cerchi la felicità in fattori completamente differenti.
Nessuna strada è l’unica giusta o universale, ognuno ha la propria personalità e insegue la propria soddisfazione su binari e priorità differenti.

Oggi vi ho raccontato, in minima parte, quali sono le mie.