Post scritto originariamente su Facebook il 25 novembre 2020, in seguito alla morte di Diego Armando Maradona
La droga, la droga…a chi ha fatto del male Maradona? A se stesso, innanzitutto, alle persone che davvero tenevano a lui.
Ha influenzato negativamente qualcuno? Sicuro, a me le notizie sulle sue sregolatezze hanno fatto sempre e solo dispiacere, MAI hanno modificato la GIOIA che mi ha trasmesso vederlo giocare, l’AMORE che mi ha instillato per il calcio quando da piccolo non calcolavo le dinamiche di “business” che ruotano attorno a questo sport.
Dalle partite allo stadio con papà alla quantità industriale di videocassette e in generale le centinaia di video consumati per imparare a memoria ogni sua azione e goal.
Diego non è mai stato un calciatore comune, non ha mai dimenticato da dove è partito e questa cosa l’ha trasmessa ad intere generazioni di appassionati, il suo impatto nella cultura popolare ha pochi eguali nel mondo dello sport.
Sempre dalla parte dei più deboli, ogni competizione era una battaglia: la Champions forse non l’avrebbe mai vinta, troppo borghese, lo scudetto a Napoli “contro quelli del nord” e il mondiale 86 con il goal di mano per riscattare la battaglia delle Falkland invece sì, impossibile sconfiggerlo.
E poi le meravigliose interviste con Minà, l’umanità e la beneficenza costanti anche sui campetti di fango, l’amore incondizionato per il pallone (“Se stessi con un vestito bianco a un matrimonio e arrivasse un pallone infangato, lo stopperei di petto senza pensarci”).
Sul campo era sempre umile, non faceva mai sentire la sua superiorità ai compagni di squadra e agli avversari, dava la mano a tutti, lo buttavano a terra e si rialzava, mandava tutti fuori tempo anche se non si allenava a dovere e non c’aveva il fisico.
Non ha senso parlare del giocatore più forte di tutti i tempi, dal punto di vista tecnico: ogni epoca ha il suo fuoriclasse, ma se mettiamo nell’equazione anche leadership, carisma e impatto per la squadra, è stato il più forte di tutti.
Da piccolo la sua influenza su di me è stata come detto quella di alimentare l’amore per questo sport: tutti volevamo essere Maradona, quando giocavo a calcio in strada, a mare, nei campetti, ovunque.
Poi, crescendo, si è andati oltre: la sua faccia della miseria mi ha conquistato, prendere la parte dei più deboli, quella scusa del pallone per dare significato a qualsiasi cosa uno faccia.
Se oggi non sopporto quelli che “forti con i deboli, deboli con i forti” e cerco di dare un senso a tutto, pure all’utilizzo di un oggetto tecnologico che deve essere “emozionante”, lo devo anche a Maradona e al suo andare sempre controvento, quando aveva ragione e quando aveva torto.
La sua morte mi dispiace, ovviamente, ma il suo lascito agli appassionati, alla gente non solo argentina e napoletana, è compiuto, anzi sarà ancora più forte nel ricordo di chi l’ha vissuto e di chi ne è stato “solo” investito dalla sua aura.
Io oggi, intanto, mi sono fatto un bel piantarello.