La mia estate vacanziera è durata nove giorni, dei quali tre e mezzo caratterizzati dal maltempo. Questo post non è di lamentela, però, ma ricordo verso quei tempi spensierati durante i quali si andava a scuola e si avevano quasi tre mesi a disposizione per bivaccare, stare in giro e divertirsi; inframezzando il tutto, quando proprio era necessario, con i compiti delle vacanze.
Poi l’università, di solito con un mese a disposizione ma molti più pensieri rivolti allo studio ed agli esami da affrontare al ritorno; tempi giustamente irripetibili, che probabilmente non venivano apprezzati abbastanza e anzi stufavano dopo un po’, senza considerare che da questo punto di vista sarebbe stato sempre peggio.
Al tempo giocavo a pallone in ogni condizione, andavo in bici, uscivo la sera assieme a tanti amici; una vera e propria seconda vita, grazie alla piccola casa con giardino comprata dai miei genitori in un posto di mare a 60 Km da Napoli.
Sono oramai diversi anni che non sono più a casa e nemmeno nella mia città; l’estate è da tempo diventata quella finestra nella quale in pochi giorni mi concedo di ritorno alle ‘origini’, dal punto di vista paesaggistico, culturale, culinario.
È normale, si cresce e si prende la propria strada, che per essere migliore deve essere il più possibile piena di esperienze, lontane e non. Ma quando vedo i miei genitori con gli occhi lucidi dopo pochi giorni assieme nell’arco di mesi, e i luoghi nei quali sono cresciuto, un po’ di magone mi viene, un po’ tanto.
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