Ieri sera si è conclusa la lunghissima stagione calcistica del Napoli, probabilmente la più esaltante dopo gli anni di Maradona che ho vissuto ahimé molto piccolo e assorbito nel corso degli anni successivi con videocassette e poi DVD ed Internet.
Esaltante soprattutto per la Champions League, con la fortuna di aver visto tutte le partite giocate in casa (tre vittorie ed un pareggio) e di essermi emozionato ed aver gioito a partire dall’inno che tutti gli appassionati di calcio vorrebbero sentire, e che abbiamo reinterpretato con un urlo finale in grado di far tremare e rendere increduli tutti i giornalisti e tifosi che hanno assistito alle nostre partite.
Parlando del campionato, posso concordare che le partite di Champions League abbiano rubato energie fisiche e mentali, ma non posso non credere che alcune partite potevano essere gestite meglio, per un terzo posto in scioltezza che invece abbiamo perso da ingenui in quel di Bologna. Fiammate alterne quindi che si sono estese anche nell’umore dei tifosi e dei gicatori, ancora oggi il Napoli è una squadra che vive di entusiasmi e di partite dove riesce a regalare un gioco spettacolare e altre dove è invece abulico, con una panchina estremamente corta che il prossimo anno deve essere rimpolpata assieme a qualche titolare in grado di farci perlomeno sognare di lottare per le primissime posizioni.
La Coppa Italia di ieri infine, sarebbe bello un giorno vederla alla stregua della FA Cup inglese in termini di attenzione, soldi e seguito, magari in mano a SKY e Mediaset come trasmissione televisiva; sicuramente ieri sera è stato un degnissimo spettacolo, con oltre 60.000 spettatori, una grande cornice garantita dallo Stadio Olimpico di Roma e soprattutto dalle due squadre che si sono contese la coppa, in grado di muovere un numero impressionante di tifosi.
Non parlo dei fischi all’inno, secondo me indirizzati soprattutto ad Arisa -visto che poi si sono quietati e tutti uniti nel minuto di silenzio successivo- e da stigmatizzare altrimenti, la partita è andata nella direzione verso la quale speravo, una Juventus che giocava come sempre ma un po’ più spompata e noi che abbiamo giocato molto bene e con la giusta cattiveria che ci ha permesso di ottenere la vittoria. Il primo goal in particolare, con un Lavezzi in procinto di lasciare la squadra dopo cinque anni che mi ha emozionato in quanto le sue lacrime e la gioia a fine partita sono sembrate vere e genuine, e la felicità nel vedere finalmente un trofeo vinto dopo tanti anni dal paradiso e dalla discesa repentina verso l’inferno più profondo.
Felice complessivamente per quest’anno quindi, esaltato per le partite in Champions League e la Coppa Italia, dispiaciuto per non aver centrato di poco la terza posizione e speranzoso di migliorare ancora il prossimo anno.
Il trittico di vittorie contro i campioni di Inghilterra, quelli d’Italia e quelli d’Europa rimarrà qualcosa di indimenticabile e difficilmente replicabile, però.