Dopo la notizia di qualche giorno fa dell’arrivo di Yakuza 3 anche in Europa, e quindi in Italia (invero affermazione non sempre veritiera) mi sono soffermato a pensare di come la prima metà del 2010 sia qualcosa di insensato dal punto di vista videoludico, con una pletora di titoli potenzialmente interessanti da giocare e che andranno ad incidere pesantemente sul portafoglio di tutti i videogiocatori.
Lo scorso anno c’eravamo lamentati dell’eccessiva concentrazione di produzioni durante il periodo autunnale e Natalizio, quest’anno, come pecore che seguono il branco oppure come i furboni delle partenze intelligenti, moltissimi produttori hanno spostato le uscite nel periodo di cui sopra, col risultato che ci lamenteremo nuovamente, tanto per cambiare :D
Personalmente tra Bayonetta, Splinter Cell: Convinction, Heavy Rain, Yakuza 3, Mass Effect 2, God of War 3, Alan Wake, Final Fantasy XIII, Gran Turismo 5 e altri che mi sono sicuramente dimenticato, senza considerare tutti i vari portatili, giochi in digtale e altro, devo capire quale mettere da parte o rimandare a tempi più rilassati perché, sai com’è, c’è sempre una vita sociale e delle persone delle quali tenere conto.
Ad ogni modo c’è anche un’altra notazione da fare, relativa alla penetrazione così forte di questo media, quando oramai il mercato videoludico ha fatto un botto clamoroso e ha ampliato la sua base grazie al Wii, e dove Modern Warfare 2 fa numeri che anche il cinema fatica a raggiungere.
State tranquilli, mi fermo subito per evitare di fare l’ennesima riflessione trita e ritrita sull’argomento o una previsione tesa ad imitare il cantastorie Pachter, piuttosto volevo scrivere di qualche piccolo aneddoto (magari ne scriverò altri in futuro) tramite il quale ho vissuto la prima parte di questa lunga massificazione e della conversione al mezzo videoludico.
In realtà la mia passione è arrivata dall’alto (dai miei genitori, cosa avete capito) e quasi quando ero in fasce, con i giochini fatti di asticelle dell’Atari 8 bit e soprattutto con il Commodore 64, periferica di intrattenimento con la quale i miei organizzavano incontri con gli amici, mentre io scrutavo e apprendevo le tecniche rudimentali del diventare nerd. C’è da dire che poi si sono fermati li, e quando hanno visto roba per loro caotica e psichedelica come Sonic, hanno pensato bene di appendere i neuroni (videoludici) al chiodo, e di tenere sotto controllo i miei.
Tornando al computer di Commodore, la mia metamorfosi è legata principalmente a due giochi.
Il primo era Wizard of Wor, gioco di azione a schema fisso nel quale bisognava eliminare una serie di nemici sempre più veloci in quadri via via più aperti, che ho giocato così tanto da stamparne l’immagine in maniera permanente sul televisore a tubo catodico di generose dimensioni del soggiorno, che ancora oggi a distanza di molti anni mio padre vorrebbe spaccarmi sulla testa. Il secondo invece era Aztec Challenge, una sorta di multievento ad abilità che proprio a causa della distruzione del televisore di cui sopra ho giocato per un periodo nella mia stanzetta, grazie ad un televisore in bianco e nero. Il problema era la presenza di un livello dove bisognava attraversare un lago infestato da piragna; lago blu, piragna rossi, che diventavano invece un tutt’uno sul fiammante schermo senza colori Phonola. Dopo decine e decine di tentativi ritmati ho portato a casa la pagnotta, mentre la trasformazione a nerd era oramai avvenuta.
Si salta al Mega Drive, dove una mattina qualunque di una settimana qualunque vado a comprare World of Illusion con mammà, alla fatidica cifra di 160.000 lire (poi ci lamentiamo oggigiorno) per tornare a casa contento. C’erano i doppi turni, il che significava il pomeriggio a scuola, ma con un’abile mossa (termometro vicino al termosifone, un classico) me ne rimango a casa, chiaramente per giocare al nuovo arrivato.
Destino vuole che il rumor (per restare in termini videoludici) di tale motivazione arrivasse tra i compagni di classe…apriti cielo! Prese per il sedere, incredulità dinnanzi al “filone” per un videogioco e quant’altro, come se non fossero abbastanza i problemi adolescenziali ad ogni festa di compleanno, dove quella cacchio di canzone di Whitney Houston (I’ll always love youuuuuuu) mi tormentava per l’ennesima cotta presa per la ragazza di turno.
D’altronde al tempo il videogioco era visto non di rado come un qualcosa da sfigati, ma dove paradossalmente lo utilizzavo in un contesto che mi vedeva spesso con amici in sala giochi o a casa di qualcuno, dove si studiava insieme, si mangiavano le merendine e magari si usciva assieme a giocare a calcetto o fare il bagno alle ragazze con le bombolette spray (salvo prendere mazzate da qualcuna).
Adesso quelle stesse persone di cui sopra credono sia figo videogiocare, che possa fungere da aggregazione sociale e che sia un ottimo, necessario diversivo al lavoro, alle uscite con gli amici e con la ragazza o moglie (sigh).
Io, dal canto mio, li prenderei a testate sui denti, in memoria dei vecchi tempi :D