Il TG1, i videogiochi e l’ignoranza latente, recidiva, pericolosa

Pubblicatoil Lug 25, 2011

In Norvegia abbiamo avuto purtroppo una strage causata da uno squilibrato estremista mosso da intenti chiaramente politici contro il partito laburista, e la stampa ha parlato della cosa con tutti i crismi del caso dinnanzi a tale tragedia…perlomeno quella internazionale.

Quella italiana che fa invece? Ti butta sul TG1 un servizio denominato “Videogiochi, passione pericolosa” all’interno del quale si parla del fatto che questo assassino giocasse ai videogiochi -stranamente come milioni di persone della sua età- e dove all’interno ci sono un mucchio di stupidaggini dettate da un’ignoranza latente e da una ricerca alle spalle che potrebbe essere stata fatto anche da un adolescente, tante sono la superficialità, il qualunquismo e la voglia di fare sensazionalismo nonostante le motivazioni di questa persona appaiano piuttosto chiare.

Come Multiplayer.it ci stiamo muovendo con l’associazione di categoria per mettere alla luce l’inammissibilità di un servizio del genere su una TV nazionale, nel frattempo mi fermo qui e riporto direttamente la notizia scritta sul nostro sito dal collega Simone Tagliaferri, il primo a scriverne e ad essere riuscito a cogliere in pieno e con forza l’ennesima disinformaziome che ruota attorno al medium videogioco:

Dopo un evento traumatico come quello avvenuto in Norvegia, con la strage di decine di ragazzi a opera di uno squilibrato cattolico di estrema destra, tale Anders Behring Breivik, è normale che la società s’interroghi sui perché che l’hanno generato.

Meno normali sono state alcune reazioni della stampa, con quella italiana che si è messa in luce per la pochezza degli argomenti.

Il fatto marginale: Anders Behring Breivik, tra le sue passione, annoverava anche quella per i videogiochi. Di cosa stupirsi? I videogiochi fanno parte del mondo dell’intrattenimento da diversi decenni e credo (perdonate se abbandono la terza persona istituzionale) che non ci sia niente di strano o incredibile che un uomo cresciuto in una nazione benestante come la Norvegia ne abbia fatto uso durante gli anni della sua crescita.

Personalmente eviterei anche il solito ritornello di far presente che ormai moltissimi individui sono cresciuti, o stanno crescendo usando videogiochi e non hanno fatto e non andranno a fare stragi. Non è un argomento molto intelligente, anche se è parecchio diffuso nel nostro ambiente.

Il discorso è molto più semplice: se dessimo alle passioni o all’ideologia di Breivik un peso identico, allora dovremmo pensare che anche il suo essere un cattolico lo abbia spinto al massacro. Dichiariamo guerra al Vaticano? E vogliamo parlare della musica classica? Hitler era un grande appassionato di musica classica e di pittura figurativa, eppure non mi sembra che dopo la Seconda Guerra Mondiale qualcuno abbia chiesto di mettere sotto chiave la Gioconda o abbia vietato Wagner. Anche Breivik è un appassionato di musica classica, ma in coscienza vogliamo e possiamo dare alla bellezza della musica la colpa di un massacro?

La questione è molto complessa e non è il caso di mettersi a psicanalizzare Breivik con i pochi elementi a nostra disposizione. In primo luogo perché conosco i limiti delle mie conoscenze in materia e in secondo luogo perché nelle prossime settimane di psicologi e psichiatri d’accatto che tenteranno di spiegare i suoi moventi ce ne saranno a bizzeffe.

In questo senso, l’unico consiglio che posso darvi è quello di non affidarvi alle opinioni del primo cretino che s’improvviserà “esperto” o che vorrà dire la sua perché depositario del sacro fuoco della verità. Per esprimere un’opinione sensata su certi argomenti, che non sia il frutto di un rigurgito di banalità, bisogna saperne un bel po’.

Ma torniamo alla stampa italiana. Dopo la lunga e doverosa premessa, come non segnalarvi questo disgustoso servizio del TG1 di Augusto Minzolini in cui la colpa del massacro viene attribuita completamente ai videogiochi (la tesi più comoda, ovviamente)? Oltretutto con argomentazioni così sciocche e superficiali che fa semplicemente pena pensare che siano state espresse in un telegiornale con diffusione nazionale. Senza ulteriori commenti, vi lascio al filmato