Andata e ritorno dal Brasile

Pubblicatoil Mag 26, 2012

Pur con tutte le sue problematiche, le critiche legate al calcio scommesse e la quantità impressionante di soldi che ne guidano gli intessi, il calcio è uno sport che incarna la passione di milioni di persone ed è un linguaggio universale che trascende le diversità culturali di chi lo abbraccia completamente. Il Brasile è uno degli ambasciatori più forti e genuini di questo sport, è un paese che vive e respira calcio e non poteva che essere luogo ideale per il mio primo incontro ravvicinato e in esclusiva con Pro Evolution Soccer 2013. Del titolo sviluppato da Konami ne parlerò in un articolo dedicato e dettagliato su Multiplayer.it, in questo cercherò invece di condividere alcune delle cose che mi hanno colpito del paese sudamericano.

San Paolo del Brasile è una città che ricorda quelle europee, ma di diversi anni fa, si alternano infatti grattacieli imponenti con case fatiscenti, propone come ci si aspetterebbe quartieri più o meno verdi e più o meno lussuosi, che si trovano soprattutto nella parte alta della metropoli. Il mio albergo si trovava vicino alla Avenida Paulista, strada famosa per lo shopping e per le numerose banche che si alternano con ristoranti di ogni genere e centri commerciali. Il traffico, soprattutto nelle ore di punta, è clamoroso: ci abbiamo messo quasi due ore per fare trenta chilometri con migliaia di macchine incolonnate in ogni direzione. A rendere il tutto ancora più surreale c’erano decine (letteralmente) di poliziotti in motocicletta che si muovevano in continuazione a sirene spiegate, si fermavano ai lati della strada intimando gli automobilisti di non accostare, oppure parcheggiavano la moto in mezzo alla strada in prossimità delle immissioni nelle strade secondarie. Un modo aggressivo e non comune di gestire e incanalare l’enorme traffico presente. Vi raccontavo di questa alternanza vecchio/nuovo spesso presente, nel primo caso ricadono i mezzi di trasporto, perlomeno a San Paolo. Tantissime macchine FIAT ad esempio, ma stiamo parlando della Palio, Mille, Tipo e così via. L’atmosfera che si respira è genuina però, il cibo molto buono e con largo uso di frutta e riso in diverse maniere, soprattutto abbinato ai fagioli. Particolare menzione va fatta per le steak house brasiliane: il prezzo per il mangiare è fisso e ogni persona ha a disposizione una sorta di bollino a doppia faccia con sopra scritto “si, per favore” e “no, grazie”; non appena si aprono le danze si viene letteralmente assaliti da camerieri che arrivano in maniera costante e trasportano diversi tipi di carne e pollo, pronti per essere tagliati sul posto e serviti. La qualità è molto buona, la varietà pure, lo stomaco potrebbe non essere d’accordo e issare bandiera bianca dopo un paio d’ore. Detto questo, nella città di San Paolo c’è anche un’ottima tradizione di cucina italiana e mi è stato raccontato che risiede la più grande comunità di giapponesi trapiantati da alcune generazioni o magari nati da matrimoni misti con i brasiliani. I prezzi in generale sono piuttosto bassi, anche se questa cosa non sempre si applica alla tecnologia e soprattutto ai videogiochi. Un titolo appena uscito può costare infatti anche 90 euro, seppur la situazione sta migliorando perché Microsoft in primis e poi gli altri a seguire stanno cercando di spostare la produzione direttamente in loco, abbattendo alcune voci di costo.

L’agenda del press tour ha previsto una lunga presentazione su Pro Evolution Soccer 2013, un paio d’ore di prova col gioco e l’intervista con gli sviluppatori, per immergerci poi completamente nel gioco del calcio, sotto diverse sfaccettature. Innanzitutto con la capatina allo stadio comunale di San Paolo, denominato Pacaembu e in grado di ospitare poco meno di 40.000 spettatori, poi con la visita al Museo del Calcio situato di fianco lo stadio. Una vera e propria mecca per gli appassionati, con tutta la storia di quello brasiliano fatta di goal, di immagini, di un calcio all’inizio borghese dove i portieri avevano casacca bianca, pantaloncini e addirittura la cinta; di palloni che all’inizio avevano i ricami visibili e non avevano superficie uniforme, di scarpe che erano tutto fuorché comode. La guida ci ha accompagnato attraverso diverse sezioni e spiegato come per i brasiliani Pelé e Garrincha ricoprano la stessa importanza e non a caso hanno lo stesso spazio dedicato all’interno del museo. Forse Garrincha non tutti lo ricordano, ma è stato uno dei migliori dribblomani di tutti i tempi, un’ala destra fortissima che ha vinto due mondiali e che nonostante i numerosi problemi fisici, tra i quali una gamba più lunga dell’altra, ha lasciato ricordi indelebili nel cuore di tutti i tifosi. Un’altra sezione interessante è stata quella composta da schermi LCD giganti che vedevano scorrere immagini di tifo brasiliano, coreografico, rumoroso e passionale. Ed è stato lì che c’è stata comunione d’intenti con la guida dopo aver condiviso il fatto di essere tifosi del Napoli e di capire alla perfezione la passione per questo sport. Il viaggio è proseguito verso Santos e mi ha permesso di scorgere un paesaggio naturalistico di incredibile bellezza. Dopo la deviazione dalla superstrada e l’apertura del paesaggio ai lati mi sono reso conto infatti di essere su un altopiano enorme dove ai lati si vedevano in lontananza fiumi, strade e ponti a decine di metri più in basso, il tutto immerso in un verde rigoglioso che donava un impatto eccezionale. Santos è stata la meta per assistere al ritorno degli ottavi di finale della Copa Libertadores (la Champions League dell’America Latina) tra Santos e Bolivar, conclusasi all’andata per uno a due. Ebbene, non ho mai visto a questi livelli una squadra così scarsa come quella boliviana. La partita è finita otto a zero per la squadra degli astri nascenti Neymar e Ganso, che ha demolito letteralmente ogni velleità avversaria fino a prendersene gioco quando l’attaccante del Santos ha cominciato a stoppare la palla di spalla oppure alzarsela col tacco.

A tal proposito ci sono due episodi meritevoli di essere raccontati. Innanzitutto quando i malcapitati tifosi boliviani, in seguito all’ennesimo sfottò degli avversari hanno cominciato a tifare per il Barcellona, che le ha suonate di sana pianta al Santos nella finale dell’ultimo Mondiale per Club. Poi quando dopo il primo goal del Santos un tifoso della squadra brasiliana si è affacciato dal punto di ripresa televisiva in alto e, indirizzandosi ai tifosi del Bolivar, ha cominciato a gesticolare ed urlare “CHUPA! CHUPA!”. La scena ci ha strappato numerose risate.
Le ultime note finali sono dedicate ai giornalisti americani presenti assieme al sottoscritto per l’evento. Alcuni sono stati squisiti e compagni di avventura più degli stessi europei che parlavano nella loro lingua madre, ma uno in particolare ha racchiuso in tutto e per tutto alcuni lati oscuri della cultura statunitense e il rapporto difficile con i giochi di calcio. Nel primo caso pretendendo che tutti parlino la lingua inglese anche in Brasile, lamentandosi per l’assenza di Wi-Fi aperto in un locale rustico brasiliano, inneggiando ad hamburger e alette di pollo dopo una mangiata salutare come non farà mai più nella sua vita. Nel secondo caso il non conoscere alcune regola del calcio, il prendere sonore sconfitte a Pro Evolution Soccer 2013 e il chiedere cosa sia successo quando l’arbitro ha fischiato l’intervallo durante la partita di Copa Libertadores.
Con tutte queste premesse non posso che concludere con un WTF, mate?